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Cronache di una giraffa

Ciao mestolini e provettine. Quando ho deciso di progettare il sito daccapo, mi sono ritrovata a riflettere su questa sezione.

L’avevo voluta fin dall’inizio del progetto per esigenze personali. Sì, l’ho desiderata fortemente, immaginandola diversa dalle altre. Doveva essere un posto mio, dove lasciar fluire ciò che mi andava di scrivere.

Niente regole:

pensieri, esperienze, riflessioni, (dis)avventure, qualsiasi cosa. Una regola sola, a pensarci bene, c’era. Dovevo esserci io in questa parte.

Niente correzioni, ricerche, fonti, edit. Uno spazio dove poter esprimere parti di me meno visibili, meno professionali.

Molto tempo dopo mi sono accorta che, di mese in mese, avevo tradito questa regola. Nel vecchio sito avevo iniziato a fare divulgazione anche lì dove avevo deciso di lasciarla fuori. Leggevo i giornali, prendevo spunto dai temi di attualità scientifica e li sviluppavo.

Niente di malvagio, anzi! Poteva essere una grande idea, ma… aveva perso il senso che doveva avere all’inizio. Avevo infranto le regole che mi ero data: niente preparazione o studio, solo spontaneità.

Così in questo nuovo scintillante sito eccomi a inaugurare di nuovo questa sezione.

Vorrei farlo parlandovi del nome che le diedi

Il suo primo nome era “Cronache di una Giraffa”, in onore del soprannome che mi cucirono addosso i compagni delle scuole medie. Ho sempre avuto un collo slanciato, un po’ lungo rispetto alla media.

Esiste la media dei colli? Suppongo di sì, visto che c’è una media per – quasi – tutto.

Ad ogni modo, lo scelsi per un motivo ben preciso: ODIAVO quel soprannome. Odiavo il mio collo. Per tutta l’adolescenza ho camminato con le spalle ricurve anche per nasconderlo. In inverno, poi, lo nascondevo dentro maglioni a collo alto e sciarpone.

Mi sentivo come sotto i riflettori, ero in quella crudele età dove non si è capito che il mondo non ci sta a guardare, che siamo a nostro modo meravigliosamente banali.

Ma no, niente avrebbe potuto convincermi che tutti, a scuola, camminando per strada, nelle fiere e in discoteca, guardassero il mio collo attratti dalla sua EVIDENTE anormalità e lo giudicassero. Ero convinta di avere un riflettore puntato addosso, sempre.

Forse è anche per questo che provavo imbarazzo in pubblico e desideravo sparire.

È tenero pensarci ora che, invece, a questo collo qui sono tanto affezionata. L’ansietta sociale, anno dopo anno, è diventata un’alleata a cui prestare cure e amorevolezza. Non un nemico.

Così scelsi la Giraffa, come simbolo di ciò che temevo e ora sento fieramente mio. Praticamente sono diventata Batman, che si cuce un pipistrello sul petto perché da piccolo ne era terrorizzato. Uguali, proprio. La Giraffa sì che sa di simbolo da supereroe. Minacciosissima.

Al pari del desiderio di scomparire nei contesti sociali che mi esponevano al rischio di giudizio, coltivavo – e coltivo – una personalità creativa ed estrosa. Caricaturale, cartoonesca. Mi sono ispirata a cartoni animati, film, personalità come Jim Carrey e serie televisive come Scrubs.

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Mi sono lasciata ispirare nei modi, negli atteggiamenti e nella comicità. Segretamente, volevo lasciar uscire tutto. Nella pratica, facevo il giullare in casa, con la mia famiglia e le persone a me più vicine.

Sia chiaro, queste sono le parole di chi ha avuto parecchio tempo per elaborare i fatti… Non certo le consapevolezze della me dell’epoca.

Ho capito che ciò accadeva quando chi mi stava vicino ha iniziato a dirmi che sembravo un cartone animato, che avrei potuto fare doppiaggio, che dovevo coltivare il teatro. Lo notavo nel modo in cui ad alcune mie espressioni facciali le persone si mettessero a ridere.

Ricordo ancora la volta in cui un amico, alle mie domande sulla questione, rispose così: “quando racconti qualcosa si vede che non vedi più il mondo intorno a te. Non esiste più. Ci siete solo tu, il palcoscenico invisibile su cui stai e il tuo rivivere nella mente scene e storie che racconti”. Sono passati quasi 20 anni da allora, ma lo ricorderò per sempre.

Cosa significa aver paura di esporsi ma al contempo timidamente desiderarlo?

Me lo sto chiedendo molto ultimamente. So di per certo, però, che in me la parte del timore è andata lentamente sbiadendo negli ultimi anni. Ed è anche grazie a ciò che di bello è arrivato da voi, che avete continuato a leggermi e scrivermi, sul blog così come su Instagram.

Di cuore, ieri come oggi: grazie. Non avrei deciso di andare avanti in questo percorso se non fosse stato per voi.

Sì LO SO CHE SEMBRA IL DISCORSO DI MISS ITALIA MA COSA POSSO FARCI!

Chiudo con un ultimo pensiero. È vero che qui scriverò di me, ma ci saranno spunti e riflessioni, qualcosa che “valga la pena di essere pubblicato” e abbia un contenuto, un messaggio. Vorrei potesse essere piacevole per voi leggermi come lo è per me scrivervi, ed è questo l’animo e l’augurio che mi, ci, faccio.

Vostra,
Giraffa

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