information disorder

Siamo tutti vittime della (dis)informazione

Quando entro in classe per parlare di Disinformazione mi pongo sempre la stessa domanda: sapranno accettare di essere caduti, almeno una volta, in una notizia falsa?

In genere, dopo una prima resistenza, gli studenti si convincono. Non tutti, c’è sempre chi si ritiene in qualche modo più scaltro, ma la maggior parte lo ritiene plausibile. Ad aiutare è forse il mio insistere su questo “noi” che coinvolge tutti e che, allora, li scagiona dal sentirsi attaccati personalmente. Non è sciocco o manchevole chi ci casca, è semplicemente umano. Succede a tutti, anche ai professori universitari o ai ricercatori del CERN o al presidente degli Stati Uniti.

Anche a te e a me. Lo so, rode, e ora forse starai pensando che tu sei migliore. Il mio consiglio è quello di smettere di fare  resistenza e cercare di capire, piuttosto, perché potremmo cascarci. Solo così possiamo iniziare a capire come difenderci.

Ci sono più livelli di raffinatezza nella costruzione delle notizie false ed è probabile che li abbiate incontrati tutti.

A chi non è capitato di imbattersi in articoletti dai titoli altisonanti o allarmistici?

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Vi suonano familiari? Li ritenete attraenti o percepite la puzza di falso anche da dietro lo schermo?

Questi sono solo alcuni esempi di titoli di information disorder realmente esistenti trovati su giornali, offline ed online, video e servizi che parlano di cibo in modo poco – o molto poco – accurato scientificamente. E sono tra le più semplici da smascherare.

Il mio scopo in questo articolo?

Partire dalle basi.

Sono fermamente convinta di questo: finché non accetteremo di poter essere vittime dell’Information Disorder, il fenomeno che racchiude anche le fake news, non avremo le basi necessarie per iniziare a combatterle. È importante invece coltivare la volontà di imparare pazientemente come si fa a stanarle, a riconoscerle. Imparare a comprendere le tecniche di comunicazione che più spesso vengono usate contro di noi, che fanno leva sul nostro modo di essere per lusingarci, è possibile.

Egocentricamente, tendiamo a pensare di essere più bravi degli altri nel riconoscere le false notizie, e magari siamo anche bravi davvero, ma ciò non toglie che ci siamo cascati e, molto probabilmente, ci ricascheremo. Vediamo perché.

“È un mondo difiscile”

Il fenomeno dell’Information Disorder è sistemico, capillare, si annida ovunque. Non è solo un problema della rete, non nasce con Internet: mette piede nelle testate giornalistiche di cui ci fidiamo, nei telegiornali, nelle radio. Permea il mondo che abitiamo.

Ed è un mondo pieno di contraddizioni quello che tutti i giorni cerchiamo di interpretare. È complesso, dalle mille sfaccettature. È stressante.

Ci siamo trovati più volte, come società, ad affrontare situazioni che mettono in ansia, che ci fanno sentire incerti o spaventati. Pensiamo a casi gravi come guerre, pandemie, cronaca nera, manifestazioni di odio.

information disorder

Una predisposizione naturale

In queste situazioni è naturale cercare di compensare questi sentimenti con la ricerca di una risposta rapida, che ci faccia velocemente capire come stanno le cose e ci tolga ogni dubbio. Ma dobbiamo stare attenti. Una risposta di questo tipo potrebbe non essere accurata.

Le spiegazioni che ci vengono date da chi è competente possono, nell’immediato, lasciarci insoddisfatti perché non sempre sono univoche e risolutive, o veloci. Ed è da qui, da questo bisogno disatteso, che possono nascere storie false e ingannevoli. Chi le crea sa bene di cosa abbiamo bisogno e ce lo offre.

Ma è un inganno. Spesso la realtà è complessa e come tale va trattata ed accettata, anche se è difficile.

È proprio questo gap tra ciò che vorremmo e la realtà dei fatti a fertilizzare il terreno su cui nascono narrazioni infondate e fuorvianti. Non dovrebbe sorprenderci allora notare come queste prendano piede, forse anche dentro di noi.

Pensiamo a quante informazioni ci arrivano anche solo da Internet ogni giorno. Leggiamo notizie sui social media, ad esempio, e non sappiamo se sono vere. A volte dimentichiamo che chiunque può scrivere queste
notizie. Le teorie del complotto sfruttano questa situazione: giocano sul fatto che molte persone sono preoccupate, sfiduciate, e offrono spiegazioni facili che possono alimentare ideologie, pregiudizi, scelte quotidiane.

Oltre alla paura ci sono diversi fattori che concorrono a rendere attraenti le notizie false.

Vediamone alcuni

Perché possiamo essere vittime dell’Information Disorder?

Di base noi costruiamo la nostra percezione di verità o meno su tre aspetti: le sensazioni, la nostra memoria e quanto riteniamo verosimile una notizia.

Cosa rende verosimile un’informazione?

Uno dei fattori che contribuisce è la frequenza con cui compaiono le informazioni. In generale tendiamo a credere alle affermazioni che sentiamo, soprattutto se non conosciamo quell’argomento e ci sembrano, per così dire, innocue, neutre.

Quanto so?

La nostra preparazione è elevata solo su pochi argomenti.

Siamo specializzati in un settore? Bene. Ci interessiamo molto, per nostra indole, a qualche altro tema?

Ok. Ci mancano tutti gli altri allora: qualsiasi falsa informazione su un tema che non ci compete, può fregarci. E sono molti, più di quanto non pensiamo.

Dietro ogni tipologia di informazione c’è un contesto storico, culturale, degli esperti che snocciolano dati e devono saperli correttamente interpretare. Una cornice ampia e variegata che difficilmente siamo in grado di valutare, anche se spesso riteniamo il contrario.

Teniamo presente che, a scapito di tutto questo discorso, quando leggiamo una notizia siamo portati a ritenere che sia vera. Il nostro cervello si è evoluto in modo tale da prendere decisioni veloci, per semplificare. Meglio l’errore di valutazione della lentezza! Essere scettici ci costa energie, tempo, sbattimento di cui facciamo volentieri a meno. la ricetta perfetta, insomma.

Una questione di pancia

Siamo soggetti alle sensazioni ed alle emozioni: indignazione e senso di (in)giustizia sono forti in noi, e spesso vengono sfruttate per farci credere qualcosa. Se poi ci toccano bambini, anziani e cuccioli, abbiamo fatto il botto. Sono immediate, prima che la parte più logica e razionale del nostro cervello possa domandarsi se quella notizia sia vera o meno. Una volta fatte scattare, queste sensazioni permangono e riportare la mente ad uno stato di lucidità è difficilissimo.

Questo processo risulta ancora più rapido se un’immagine viene affiancata alla notizia. La nostra percezione della credibilità aumenta e difficilmente ci chiederemo se quell’immagine è irreale, manipolata o, ancor più subdolo, vera ma decontestualizzata e scelta appositamente per ingannarci. Per nostra natura ci fidiamo di quello che vediamo, ancora più di quello che leggiamo. Gli stimoli visivi sono allora uno strumento potentissimo al servizio di chi sguazza nella produzione di informazioni false.

Allarme!

Siamo naturalmente portati a credere agli allarmismi. Per lo stesso motivo per cui tendiamo a credere come vere le affermazioni che ci vengono dette, ecco che una notizia che esprime pericolo o allarme ci mette subito in guardia. Anche in questo caso è meglio, in termini evolutivi, recepire il pericolo come reale e metterci al riparo piuttosto che dubitare e rimanere esposti al rischio. È molto semplice: se mi proteggo dal pericolo e questo era reale, l’abbiamo scampata.

Se non lo era beh, poco male dopotutto, no?

Il problema è che così facendo tendiamo a ritenere vere affermazioni e notizie che vere non sono, alimentando correnti di pensiero e posizioni pericolose.

I professionisti della comunicazione

Chi scrive le notizie sa quello che fa: le tecniche di comunicazione sono varie e le competenze di chi scrive non sono necessariamente poche. In molti casi abbiamo il livello di preparazione di chi ha in mano la penna, o la tastiera. E tendiamo a fidarci, ormai lo abbiamo capito.

Perché dovremmo preoccuparci dell’Information Disorder?

Un giorno, un ragazzo delle superiori mi ha detto

“Ma queste false notizie dopotutto sono pericolose? A me sembra di no”

Ma le conseguenze del fenomeno dell’Information Disorder sono molteplici. Toccano le nostre credenze e le manipolano, portandoci ad un giudizio errato di fenomeni, categorie di persone, fatti ed eventi. Questo non può non avere conseguenze sulla nostra mente, instillando idee che a cascata portano a guardare il mondo con occhi diversi. Distorti. Le idee possono trasformarsi in azioni concrete, sono potenti, e queste azioni possono essere ingiuste. Per noi e per gli altri.

Ci spingono ad agire nella nostra quotidianità, modificando le nostre abitudini per, ad esempio, comprare prodotti di un certo tipo piuttosto che altri e facendo così gli interessi di qualcuno. Possono seminare odio e discriminazione, far prendere una posizione errata su temi di portata internazionale.

Non di rado queste azioni hanno conseguenze sulla nostra salute, sulle nostre tasche e sulle nostre idee.

In questa sezione del blog analizzeremo notizie e concetti sotto la lente d’ingrandimento dell’Informazione, della comunicazione e delle tecniche usate per raccontare il mondo. Proteggerci da chi ci vende fumo e realtà falsate è importante, fondamentale. Lo faremo insieme.

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